Che cosa è la vita dell’uomo? La prima lettura ci parla di Giobbe che i suoi avversari accusano: se tu sei nella sofferenza è perché hai commesso dei peccati e Dio ti ha punito. Pare una lettura senza speranza. È il mistero del male, del dolore che coinvolge ogni persona. È una lettura attuale.
E allora anche noi come Giobbe dobbiamo dire a Dio: “Ricordati che un soffio è la mia vita”.
Dietro alla parola “ricordati” si nasconde l’abbandono fiducioso di quest’uomo a Dio: ricordati, abbi pietà di me, non mi abbandonare nel momento della prova. Tu conosci la nostra debolezza e la nostra fragilità. Signore abbi misericordia.
Il Vangelo ci presenta il comportamento di Gesù di fronte al dolore, alla sofferenza, al male. Questa pagina è vista come una giornata tipica di Gesù e allora proviamo a rileggerla con il desiderio di metterci in ricerca e capire per fare dello stile di vita di Gesù il nostro stile di vita.
Gesù esce dalla sinagoga per andare a casa di Simone e Andrea in compagnia di Giacomo e Giovanni. E subito gli parlano della suocera di Pietro a letto con la febbre. Forse non è una notizia di grande importanza: si potrebbe dire: per un po’ di febbre bisogna disturbare il Signore? Non è così. Ci troviamo di fronte al Dio feriale, al Dio che indossa il grembiule, per dirla con don Tonino Belo, per servire nella quotidianità. Gesù sa cogliere la quotidianità come luogo della presenza del Signore e non solo nei grandi avvenimenti.
Intanto è importante il giorno in cui Gesù interviene: di sabato.
Marco vuol presentarci Gesù decisamente più preoccupato di chi sta male che non del precetto del sabato. E quindi è il segnale che stanno cadendo tante barriere e divieti che impedivano di soccorrere e di aiutare di sabato chi sta male.
“Venuta la sera, dopo il tramonto del sole (perché era terminato il sabato) tutta la città é riunita davanti alla porta della casa di Pietro, gli portano tutti i malati e gli indemoniati.
Pensiamo: le nostre case possono diventare luogo di incontro con il Cristo e i fratelli. Le nostre case come piccola chiesa domestica dove ci si fa carico della quotidianità.
Al mattino presto, quando era ancora buio, Gesù si alzò e uscito si ritirò in un luogo deserto e là pregava. Gesù sa molto bene che potere, fama e prestigio sono tentazioni insidiose. Per tutti.
Rischio che Gesù ritirandosi pregare non vuole che i discepoli lo corrano.
Possiamo fare tante azioni anche belle, scelte anche coraggiose, ma sappiamo come il Signore trovare momenti di silenzio e di preghiera, perché Egli ci dia la forza e il coraggio di andare nelle strade del mondo ormai divenuto un villaggio per portare la sua parola, facendoci deboli con i deboli, per guadagnare i deboli; facendoci tutto a tutti per salvare ad ogni costo qualcuno come l’apostolo Paolo?
Questo comportamento di Gesù ci dice che non è possibile compiere certi gesti, dire certe parole di speranza se prima non ci siamo messi in ginocchio davanti a lui a pregare.
Mi chiedo: Che cosa può aver detto Gesù al Padre? Credo che gli abbia parlato della giornata di dolore, della gioia di chi si è visto guarito, del regno che avanza attraverso segni e prodigi.
Oggi si celebra in tutto il mondo la giornata per la vita. Al fondo della Chiesa alcuni amici vendono fiori il cui ricavato va a favore di quelle persone che necessitano di aiuto per portare a termine la gravidanza.
Non è anche questo un gesto bello per farci carico delle sofferenze di tante mamme di fronte all’interrogativo sulla vita che portano in grembo?
La mia esperienza di prete mi dice che ho visto troppe donne piangere per un gesto da cui non si può tornare indietro.
I discepoli si mettono sulle sue tracce, lo trovano e gli dicono: tutti ti cercano.
Egli dice loro: andiamocene altrove nei villaggi vicini, perché io predichi.
Non un Dio solo per me, ma un Dio per tutti. L’andare altrove è non accontentarsi di quanto si è fatto.
Messaggio chiaro: la parola di salvezza e di speranza è per tutti gli uomini e non solo per alcuni: nessun privilegio, nessun diritto di priorità, ma tutti indistintamente.
Questo il messaggio di Gesù. Imparare ad andare oltre al nostro piccolo mondo per aprirci al mondo intero: una globalizzazione della speranza.
Anche noi dobbiamo andare per tutta la Galilea che ormai è il mondo intero a cercare i nostri fratelli, a chinarci sulle loro sofferenze come Gesù ci sta insegnando.
Pensiamo a quanto scrivono i giornali oggi sui tanti poveri che dormono nel centro città. Che cosa si può fare?