La storia della salvezza è storia dell’alleanza fra l’amore misericordioso di Dio e il suo popolo. Lo abbiamo letto nella prima lettura. Il popolo d’Israele è infedele a Dio, fa la dura esperienza dell’esilio a Babilonia, attuale Iraq.
L’esilio è visto come castigo di Dio, ma castigo pieno d’amore tanto che, come Dio scorge un po’ di conversione, apre, in modo impensato con Ciro un cammino di ritorno e di ricostruzione. “Chiunque di voi, dice Ciro, appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio sia con lui e salga!” (v23)
Ora questa alleanza Dio la stabilisce per tutta l’umanità attraverso Cristo Gesù.
Lo leggiamo in questo dialogo molto bello fra Gesù e Nicodemo.
Nicodemo é un fariseo, un capo dei Giudei, un membro del sinedrio, maestro in Israele. Va da Gesù di notte lontano dagli occhi dei colleghi. I colleghi disprezzano quanti vanno da Gesù. Però Nicodemo è stupito dei gesti che compie e perché le folle lo seguono. E si chiede: Che cosa porta di nuovo questo rabbi? Perché la gente lo segue? Vuole rendersi conto.
Il Vangelo di oggi porta solo una parte del dialogo fra Gesù e Nicodemo, ma molto ricco di messaggi per noi.
Nicodemo inizia con un complimento a Gesù: “Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui”. Gesù ascolta, risponde alle sue domande, non impone la sua verità ma va al cuore del discorso e parla del serpente innalzato nel deserto, episodio che certamente Nicodemo conosce bene. Durante i quaranta anni nel deserto Dio aveva mandato dei serpenti per castigare il popolo che si ribellava al suo piano di liberazione. Chi guardava il serpente di bronzo che Mosè aveva innalzato era salvo, non moriva causa i morsi.
Gesù fa riferimento a questo episodio e in Giovanni 12,32 leggiamo: “quando sarò innalzato chiunque crede in Lui avrà la vita eterna. Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire”. Per Gesù l’innalzamento significava la morte in croce.
Perché guardando a Lui? Perché guardando a lui capiamo quanto Dio ci ha amato e ci ha amati non perché buoni ma proprio perché peccatori. Per questo lo sguardo di Cristo sul mondo non è di condanna ma di salvezza.
Gesù non condanna nessuno, siamo noi con il nostro comportamento che ci autocondanniamo. Ci autocondanniamo quando pensiamo che i peccati commessi siano talmente gravi che Dio non li può
perdonare o quando pensiamo ad un generico credere in lui senza mettere in discussione il nostro stile di vita.
Gesù quindi non viene per sancire una condanna, ma per offrire a tutti la possibilità della salvezza. L’essere innalzato sulla croce svela lo straordinario amore di Gesù per l’uomo.
Poi Gesù continua: “Dio ha tanto amato il mondo da dar il Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”.
Credere in Gesù significa uscire dalle tenebre per andare verso la luce, cioè avere la vita eterna. Non solo nell’al di là, ma qui oggi. All’epoca di Gesù la vita eterna era un premio nell’al di là che otteneva chi nella vita terrena si era comportato bene. Gesù invece dice: Chi crede in Lui ha la vita eterna, qui oggi.
Questa vita si chiama ‘eterna’ non per la durata infinita, ma per la qualità: una vita di una qualità tale che è indistruttibile.
E la si ottiene credendo in Gesù e nella possibilità dell’uomo di realizzare pienamente se stesso attraverso la pratica dell’amore.
Per questo Gesù si presenta come luce che illumina; la vita di Gesù, il suo stile di vita è luce che illumina i nostri cammini.
Cammina nelle tenebre Chi fa il male. Quanti vivono dominando, quanti vivono spadroneggiando, non amano questo messaggio e quindi rifiutano Gesù:
Infatti dice Gesù “Chiunque fa il male, odia la luce e non viene alla luce, cioé ha paura che le sue azioni vengano viste e condannate.
Inoltre Gesù dice che chi “fa la verità viene verso la luce perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio”. Gesù non è una verità da credere o una dottrina da osservare, ma un verità da fare. Sono le opere.
In altre parole non è la dottrina che separa da Dio, ma la condotta, lo stile di vita.
Mi chiedo ad es.: perché i bambini sono felici? Perché sanno di essere amati anche quando non si comportano bene. La felicità è qui, il senso della vita è qui: sentirsi amati e poter amare. Ecco: Dio ha tanto amato il mondo, da donare l’unico figlio. Dio non ha mandato il Figlio a giudicare il mondo, ma a farlo vivere.
Nella seconda lettura di Paolo agli Efesini leggiamo: “Per grazia siamo stati salvati”. L salvezza è dono gratuito di Dio. La salvezza, e non la condanna, è il fine ultimo dell’invio del Figlio da parte del Padre. (Gv3,17).
A noi spetta accoglierlo o rifiutarlo. Certo continueremo ad essere peccatori per la nostra fragilità, ma il male vero è amare la menzogna, sceglierla e giustificarla con ragionamenti a volte anche raffinati tanto da credere che è proprio così anche se “così non è”.
Volgere lo sguardo a Gesù in croce è diventare amanti della verità, che non sono idee da apprendere e propagandare, ma è un progetto di vita da vivere e costruire guardando a lui, al prossimo, sapendo anche sporcarci le mani, narrando così la misericordia di Dio dell’alleanza e della liberazione.
Mi chiedo:
- Che cosa significa per noi cercare Gesù?
- E se Nicodemo rappresentasse quelle persone che cercano un’esperienza religiosa che scaldi il cuore, dopo periodi di delusione e stanchezza?
- Non conosciamo anche noi persone che con il loro stile di vita ci interrogano con la stessa domanda di Nicodemo? Cioè: chi te lo fa fare? Chi ti dà questa forza?