Il Vangelo di oggi, seconda domenica di Quaresima, ci invita a contemplare la trasfigurazione di Gesù (cfr Mc 9,2-10).
Questo episodio va collegato a quanto era accaduto sei giorni prima, quando Gesù aveva rivelato ai suoi discepoli che a Gerusalemme avrebbe dovuto «soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere» (Mc 8,31).
Questo annuncio aveva messo in crisi Pietro e tutto il gruppo dei discepoli, che respingevano l’idea che Gesù venisse rifiutato dai capi del popolo e poi ucciso.
Loro infatti attendevano un Messia potente, forte, dominatore, invece Gesù si presenta come umile, come mite, servo di Dio, servo degli uomini, che dovrà donare la sua vita in sacrificio, passando attraverso la via della persecuzione, della sofferenza e della morte.
Ma come seguire un Maestro e Messia la cui vicenda terrena si sarebbe conclusa in quel modo? Così pensavano loro.
E la risposta arriva proprio dalla trasfigurazione. Che cos’è la trasfigurazione di Gesù? E’ un’apparizione pasquale anticipata.
Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e «li condusse su un alto monte» (Mc 9,2), lontano da quanto ci toglie serenità per ascoltare la voce del Padre che invita ad ascoltare il Figlio suo Gesù che propone uno stile di vita che si fa dono.
La trasfigurazione diventa per i discepoli un aiuto concreto nella difficoltà del loro cammino al seguito di Gesù. Nella trasfigurazione Gesù è riconosciuto nella sua identità di Figlio di Dio e il Padre lo accompagna in questo cammino.
La trasfigurazione aiuta i discepoli, e anche noi, a capire il mistero della croce ed è necessario sapere in anticipo che Colui che soffre ed è glorificato non è solamente un uomo, ma è il Figlio di Dio, che con il suo amore fedele fino alla morte ci ha salvati.
Il Padre rinnova così la sua dichiarazione messianica sul Figlio, già fatta sulle rive del Giordano dopo il battesimo, ed esorta: «Ascoltatelo!» (v. 7).
E così Gesù li prepara alla prova.
Questo il messaggio della trasfigurazione. Questo il senso delle vesti bianchissime, cariche di splendore: la vita donata diventa splendore, diventa luce che illumina e orienta la vita.
Gesù dialoga con Mosé ed Elia che rappresentano l’antico testamento: la legge e i profeti per dire che Dio ha iniziato con Israele la sua storia d’amore per un popolo e questa storia d’amore deve diventare storia per tutti i popoli.
Pietro non capisce quello che sta accadendo: infatti Marco dice: “non sapeva che cosa dire, perché erano spaventati”, ma è talmente bello quello che vede che dice: “facciamo tre tende, una per te, una per Mosè, una per Elia”. Ed è in questo stupore che si sente la voce del Padre: “Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo”.
Che io tradurrei così: lo splendore che avete visto conferma l’amore del Padre per ciascuno di noi, ma nello stesso tempo ci dice che nella donazione totale di sé è possibile un mondo trasformato, carico di luce e di speranza.
E questo va costruito giorno per giorno nel quotidiano. Quindi è invito a seguire Gesù che ci porta una parola nuova che dobbiamo ascoltare e seguire.
Gesù poi dice ai discepoli: “Tenete per voi quanto avete visto”: verrà il momento in cui sarete chiamati a testimoniarlo al mondo.
Infatti nella seconda lettera di Pietro leggiamo:
“Vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole abilmente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà. Egli, infatti, ricevette da Dio Padre onore e gloria quando la voce giunta a lui dalla magnifica gloria gli disse: «Questi è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto». E noi l’abbiamo udita questa voce che veniva dal cielo, quando eravamo con lui sul monte santo”. (2Pietro 1,16-18)
Anche noi abbiamo bisogno di andare in disparte, salire sulla montagna in uno spazio di silenzio, per trovare noi stessi e percepire meglio la voce del Signore.
E il tempo di quaresima ci aiuta in questo stare con il Signore e lasciarci illuminare dal suo progetto per l’umanità.
Poi però l’incontro con Dio nella preghiera ci spinge nuovamente a “scendere dalla montagna” e ritornare in basso, nella pianura, dove incontriamo tanti fratelli appesantiti da fatiche, malattie, ingiustizie, ignoranze, povertà materiale e spirituale.
A questi nostri fratelli che sono in difficoltà, siamo chiamati a portare i frutti dell’esperienza che abbiamo fatto con Dio, condividendo la grazia ricevuta.
Di fronte al mistero del dolore e del male ci si sente a volte smarriti perché molte domande non trovano risposte o spiegazioni razionali. In certi casi sembra che tutto crolli, che Dio sia lontano e assente dalle vicende umane.
Nella luce sfolgorante della trasfigurazione Dio da una risposta rassicurante a Cristo e ai suoi discepoli: la croce è solo una fase del progetto che sfocia nella gloria.
Né morte, né dolore, né angoscia, né tenebra possono avere la parola definitiva, tanto che Paolo può esclamare con giustificata fierezza: «Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?» (seconda lettura).
Nell’immagine del Cristo trasfigurato vediamo la direzione del nostro cammino per affrontare con fiducia il difficile impatto con la croce.
Quando sentiamo la Parola di Gesù, quando ascoltiamo la Parola di Gesù e l’abbiamo nel cuore, quella Parola cresce. A noi il dovere di proclamarla e donarla agli altri!
E questa è la vita cristiana. E’ una missione per tutta la Chiesa, per tutti i battezzati, per tutti noi: ascoltare Gesù e offrirlo agli altri.