Questa celebrazione ha due momenti:
- ingresso di Gesù in Gerusalemme
- lettura della passione del Signore
Vorrei che vivessimo questo momento liturgico non soltanto come ricordo di un fatto storico accaduto oltre 2000 anni fa, ma come un evento di oggi che avviene per noi e in cui siamo personalmente e profondamente coinvolti.
Oggi, domenica delle Palme ricordiamo l’ingresso di Gesù in Gerusalemme e la folla che grida: “Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”
Gesù entra in Gerusalemme cavalcando un asino. L’asino è un animale che porta i pesi degli altri, è l’animale umile da servizio quotidiano.
Questo asinello è simbolo di Gesù che porta il peso dei nostri peccati, che usa misericordia, perdona, guarisce zoppi, ciechi fino a morire in croce per amore.
La folla invece vede in Gesù il nuovo Re Davide che finalmente caccerà con la forza i romani dalla Palestina.
Ma non è così. Infatti, il giorno dopo, Gesù entrerà nel tempio di Gerusalemme e scaccerà i mercanti, perché il tempio era diventato non luogo di preghiera, ma un mercato dove si vendeva di tutto: pecore, buoi, agnelli, colombe.
I sommi sacerdoti vogliono uccidere Gesù perché scomodo e istigano la gente a gridare “crocifiggilo” e qui entriamo nel racconto della passione.
Dalla lettura della Passione vorrei sottolineare alcuni passaggi: - L’istituzione dell’Eucaristia, condividere il pane e il vino: è il dono più grande che Gesù ci fa proprio nella notte in cui viene tradito e catturato dai soldati per essere processato e condannato. E’un dono enorme: Gesù invita a fare memoria di questo gesto: è da qui che deriva la nostra Messa.
- Gli apostoli nel Getzemani dormono. Deve essere stato un momento terribile per Gesù: l’ora della prova è arrivata. Gesù prega da solo, è angosciato, e vorrebbe il sostegno dei discepoli, che invece
dormono. Comincia qui l’abbandono di Gesù, che aumenta in un crescendo continuo, sino alla fine. Pietro Giacomo e Giovanni dormono e pensare che Gesù aveva scelto gli apostoli perché stessero con Lui. Invece fuggono e lo lasciano solo. - Il processo di Gesù. Per la prima volta, nel Vangelo di Marco, davanti al sinedrio Gesù si proclama Figlio di Dio. Infatti al sommo sacerdote lo interroga: “Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?” Gesù risponde: “Io lo sono!”
Per il sommo sacerdote questa è una bestemmia che va punita con la morte.
E intanto nel cortile davanti ad una serva del sommo sacerdote Pietro il futuro capo della chiesa lo rinnega: “non conosco quell’uomo, non so chi sia, non so di che cosa parli”. L’atteggiamento di Pietro non è forse anche il nostro atteggiamento quando siamo interrogati sul nostro amore per Gesù? Abbiamo il coraggio di dirci cristiani, oppure per il quieto vivere, per non avere rogne, preferiamo stare zitti? - Simone di Cirene porta la croce: una immagine stupenda. Penso ai tanti imprevisti della vita: un incidente, una malattia, la morte di una persona cara che ci hanno creato sofferenza specie in questo tempo di pandemia.
Se è vero che il Cireneo porta la croce, é altrettanto vero che Gesù gli cammina accanto: un invito quindi a non scoraggiarci, a nutrire speranza anche nelle prove della vita.
Gesù in croce: è il momento più drammatico che Marco descrive. “Alle tre, Gesù gridò a gran voce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Enzo Bianchi dice: è come se Gesù dicesse al Padre: mi stanno torturando e ammazzando, perché tu taci adesso?
In un mondo ingiusto, il giusto è rifiutato e finisce ucciso. Così Gesù viene ucciso.
Gesù muore solo, abbandonato, sembra un uomo, dice Enzo Bianchi, che né la terra, né il cielo lo voglia. Il cristiano che si impegna a vivere una vita giusta e coerente può fare anche l’esperienza dell’abbandono. - La confessione di fede del centurione
E qui sul calvario, ancora una volta un pagano, un centurione romano come i magi all’inizio della sua vita, essi pure pagani, rivela la sua identità: “davvero quest’uomo era figlio di Dio”. Questa confessione del centurione non può lasciarci indifferenti. Anche noi dobbiamo dire: veramente quest’uomo è il figlio di Dio.
E il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo. D’ora in poi il rapporto con Dio è un rapporto di amore donato e ricevuto. Sono cadute le barriere per incontrare il Signore, la sua casa è spalancata per tutti i figli di Dio.
Entriamo così nella settimana santa e siamo chiamati a stare vicino a Dio nella sua sofferenza: la passione di Gesù continua ancora oggi nelle infinite croci del mondo. Non possiamo rimanere indifferenti. Vivere la passione di Gesù oggi significa assumere tutte le croci della nostra esistenza con Gesù, per amore suo e del Padre e per amore dei nostri fratelli.
Allora sperimentiamo che la settimana santa porta già il sigillo della pasqua e ci fa gustare in anticipo il frutto gioioso dell’eternità.
La croce è l’immagine più pura, più alta, più bella che Dio ha dato di se stesso.
Scrive Karl Rahner: “per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della croce”
Diamoci in questa settimana un tempo per entrare in chiesa e metterci in silenzio a guardare la croce.